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SWEET DREAMS Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 16 ottobre 1986
 
di Karel Reisz, con Jessica Lange, Ed Harris, John Goodman (Stati Uniti, 1985)
 
Il bello, diceva Baudelaire, è ciò che sorprende. E che SWEET DREAMS riesca a sorprendere è del tutto straordinario. O, forse, nemmeno tanto: poiché è la riprova di ciò che sapevamo, e cioè che Karel Reisz - ungherese formatosi nell'Inghilterra del free cinema (SABATO SERA, DOMENICA MATTINA, MORGAN), quindi autore di due film stupendi, il primo dei quali ignorato (Who'll stop te rain, La donna del tenente francese) - è un signor uomo di cinema.

Opera su ordinazione, SWEET DREAMS si situa apparentemente agli antipodi dei film precedenti di Reisz: è la biografia di Pasti Cline, cantante di country musica vissuta negli anni 50-60. Biografia della star dal destino tragico, miseria ed illusioni, sesso ed alcol (del marito), botte (del marito),successo e (finalmente) soldi. Fine di una vita vissuta troppo in fretta.

Il melodramma, anche se autentico poiché basato sulla vita di una cantante effettivamente vissuta, come Hollywood ci ha mostrato mille volte (e spesso - Wilder, Sirk... - in modo geniale): solo che Reitz, ecco la sorpresa, riesce ad indorare la pillola del mélo stravisto. Diciamo intanto che gli attori sono grandi; e che il regista concorre nel renderli tali. Jessica Lange, con tanto di gonnellino Tennessee da ridicolizzare un vescovo, è indimenticabile: inizia col doppiare, diciamo col rivivere, le canzoni con una verità commovente. Non solo perché il playback (la voce è quella della vera Pasti Cline) è ormai tecnicamente perfetto: ma perché nelle interpretazioni musicali, siano esse in uno studio discografico o in una bettola di Nashville la Lange riesce a prolungare il processo d'identificazione. Quando recita, non può che rifare una vita scomparsa; quando canta, sopra una voce che sappiamo essere originale, s'immedesima totalmente.

Il marito Ed Harris (THE RIGHT STUFF, PLACES IN THE HEART) è il bestione buono, il maschione sentimentale, nella tradizione Marlon Brando, canottiera con i colombi sul tetto. I due, con dietro il grande Reitz trasformano il minestrone del quale conosciamo ogni ingrediente. Che litigano, ma che torneranno assieme, che la mamma ha ragione di preoccuparsi, che mentre partorisce lui le fa le corna, che vivono in tre in una stanzetta ma giungerà il momento della Cadillac tutta rosa, che l'argent non fa il bonheur ed il destino sta dietro all'angolo. E il minestrone, meraviglia, si trasforma: rimane cronaca spicciola, faccenda di compere al supermarket e di fiori alla suocera. Ma diventa cronaca intimista, fatta di piccole verità, di folgorazioni del quotidiano, di spaccati provinciali. Da quegli schemi risaputi, da quegli ambienti da telefilm tra le sette e le otto escono due personaggi veri, di quelli che s'installano in qualche parte nella memoria.

SWEET DREAMS non è un grande film. E statico, chi gli ha costruito la sceneggiatura non ha fatto molti sforzi per farla progredire con un minimo di baldanza: la fede nell'avvenire, la determinazione dell'americano medio eccetera è un filo conduttore piuttosto misero per chi ha conosciuto la splendida struttura poetica di LA DONNA DEL TENENTE FRANCESE. Ma la relativa riuscita di questo ritratto, l'umanità con la quale gli attori rivivono i personaggi, l'intelligente umiltà con la quale Reitz riesce ad inserirli in una ricostruzione per niente rétro riconciliano con il cinema: ci saranno migliaia di metri di telefilm cretini, ma quando uno conosce il proprio mestiere, quando uno come Reitz si mette ad osservare la storiella più risaputa, quando uno la guarda nel modo giusto ecco, grazie Baudelaire, la sorpresa. Ecco, grazie Lumière, il cinema.


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